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L’agonia cosmica del “Big Crunch”, la fine dell’Universo secondo Stuart Clark

È opinione comune oggi, secondo la maggior parte degli astronomi, che il destino più probabile dell’Universo sia quello di terminare tutti i suoi processi fisici in un’espansione ininterrotta che condurrà alla morte termica. Ne avevamo anche parlato qualche tempo fa in un articolo su Paul Davies. Ma quali alternative, al momento, vengono ipotizzate alla morte termica del cosmo?

Una nota alternativa, condivisa da decine di astrofisici e astronomi è quella comunemente conosciuta come “Big Crunch“, il collasso finale. Un’efficace esempio divulgativo di questa ipotesi è a cura di Stuart Clark, apprezzato giornalista scientifico britannico.

Immaginiamo – racconta Clark nell’interessante saggio “Universo” – di vivere in un Universo chiuso. Dato che non può espandersi all’infinito, in un certo istante futuro finirà di espandersi e comincerà a contrarsi. A quel punto il redshift delle galassie distanti si invertirà: le galassie cominceranno a ricadere verso di noi e le vedremo brillare di una luce blu, come se la loro temperatura fosse molto più alta del normale. È l’effetto che gli astronomi chiamano “blueshift“, spostamento verso il blu. Le galassie precipiteranno verso di noi con una velocità sempre più elevata e il blueshift si accentuerà sempre di più, confinando la luce delle stelle nella regione degli ultravioletti e dei raggi X.

Stuart Clark è un giornalista e astronomo inglese, scrittore e divulgatore scientifico, che si dedica alla diffusione dell’astronomia mediante romanzi semi-storici su personaggi della fisica e astrofisica.

Secondo Clark la distanza tra le galassie continuerà a diminuire fino al “Big Crunch“, il collasso finale. Circa un miliardo di anni prima che avvenga la super collisione, gli ammassi galattici si fonderanno. A 100 milioni di anni dalla fine anche le singole galassie si fonderanno tra loro. Durante l’ultimo milione di anni di vita dell’Universo le galassie non esisteranno più: il cosmo intero diventerà un unico grande oceano di stelle. A quel punto il blueshift avrà cominciato a influenzare in maniera evidente la radiazione cosmica di fondo, trasformando le microonde dapprima in luce infrarossa e poi visibile: a 100mila anni dall’ormai inevitabile Big Crunch il cielo notturno brillerà come se fosse giorno. Infine, il blueshift renderà la radiazione di fondo così calda da farle superare addirittura la temperatura delle stelle; queste si dissolveranno nello spazio e l’Universo assomiglierà alla palla di fuoco del Big Bang.

Un’agonia così spettacolare – conclude Clark – può essere considerata sotto certi aspetti come un Big Bang al contrario. Alcuni cosmologi hanno ipotizzato l’esistenza di un meccanismo che impedirebbe all’Universo di collassare completamente, facendolo rimbalzare: il Big Crunch si trasformerebbe così in un altro Big Bang e l’intero processo di evoluzione cosmica ricomincerebbe da capo. Se così fosse, si tratterebbe di una sorta di riavvio dell’Universo.

Stefano Primaluce

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