Immaginate un mondo ghiacciato, lontano dal caldo abbraccio del Sole, dove geyser spruzzano materiale da un oceano interno. Questo mondo esiste, ed è Encelado, una delle lune più affascinanti di Saturno. Da quando la missione Cassini-Huygens (2004-2017) ci ha svelato i suoi segreti, gli scienziati di tutto il mondo sono impazienti di scrutare più da vicino questo promettente candidato per ospitare vita extraterrestre. E ora, una nuova audace proposta potrebbe rendere questo sogno realtà.
Un team del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA ha presentato un innovativo concetto di missione chiamato Enceladus Orbitlander. Questa ambiziosa iniziativa mira a condurre misurazioni in situ dei pennacchi di Encelado, quelle spettacolari eruzioni di acqua e materiale organico che provengono dal suo oceano interno. Secondo le teorie degli scienziati, questi pennacchi sono il risultato della flessione mareale all’interno della luna, che provoca la fuoriuscita dell’acqua liquida in superficie attraverso il criovulcanismo. Analizzare questo materiale fresco significherebbe studiare direttamente l’abitabilità dell’oceano di Encelado, rispondendo a una delle domande più fondamentali dell’astrobiologia: siamo soli nell’universo?.
La proposta dell’Orbitlander non è solo un desiderio nel vuoto spaziale; è strettamente allineata con le priorità delineate nel Planetary Science and Astrobiology Decadal Survey 2023–2032. Questa autorevole guida ha identificato una missione di punta su Encelado, comprendente un orbitatore e un lander, come la seconda priorità più alta per le missioni da sviluppare prima del 2032. Gli obiettivi scientifici principali della missione Orbitlander sono chiari: cercare prove di vita e ottenere un contesto geochimico e geofisico per gli esperimenti di rilevamento della vita.
Ma come si progetta una missione così ambiziosa verso un mondo così lontano? Tradizionalmente, missioni così distanti dal Sole si affidano a generatori termoelettrici a radioisotopi (RTG) come fonte di energia. Questi “batterie nucleari” hanno alimentato con successo missioni come i rover Curiosity e Perseverance. Tuttavia, la NASA ha segnalato una disponibilità limitata di RTG a causa dei loro costi e della complessità, in particolare per quanto riguarda il combustibile di plutonio-238.
Ecco dove entra in gioco l’ingegno del team JPL, guidato da Alfred Nash. Il loro approccio si basa su una filosofia di “riduzione della potenza prima di tutto“. Hanno ripensato l’architettura della missione per ridurre drasticamente le esigenze di dimensioni, peso, potenza e costi (SWaP-C). Per raggiungere questo obiettivo, il team ha proposto una serie di innovazioni tecnologiche e scelte progettuali intelligenti:
- Propulsione: Invece dei tradizionali reaction wheel per il controllo dell’assetto, l’Orbitlander utilizzerebbe propulsori bipropellente a gas freddo. Sono state anche adottate migliorie nei sistemi a gas freddo a bassa temperatura per ridurre il fabbisogno di potenza per il riscaldamento.
- Informatica: Un computer spaziale ad alte prestazioni (HPSC) gestirà i sistemi di comando e dati.
- Atterraggio: Un sistema di atterraggio intelligente “Lite” è stato selezionato per la fase di deorbit, discesa e atterraggio (DDL).
- Alimentazione: L’architettura di alimentazione distribuita (DPA) e un Peak Power Tracker (PPT) riducono la massa complessiva dei cavi e assicurano che l’RTG funzioni costantemente a 30 volt, aumentando la potenza disponibile.
- Comunicazioni: L’Orbitlander si affiderà a un’antenna a medio guadagno (MGA) in banda X e a un’antenna a elevato guadagno (HGA) a patch array per le comunicazioni.
- Sistemi termici: Unità di riscaldamento a radioisotopi variabili (RHU) avanzate gestiranno i sistemi termici della navicella, riducendo il numero di RHU necessari.
- Serbatoi: Sono stati scelti serbatoi compositi per la loro massa ridotta.
Grazie a queste scelte progettuali, il team stima una riduzione della massa al lancio di 846 kg e un risparmio di 900 milioni di dollari rispetto alle stime precedenti. Questo approccio non solo rende la missione più fattibile dal punto di vista economico, ma potrebbe anche consentire di trasportare un carico utile maggiore sulla superficie di Encelado, aprendo nuove entusiasmanti opportunità scientifiche.
La missione proposta prevede un lancio nel novembre 2038, seguito da un viaggio di 7,5 anni verso Saturno e diverse fasi di avvicinamento, sorvoli e inserimento orbitale attorno a Encelado. Durante queste fasi, l’Orbitlander avrebbe l’opportunità di campionare il materiale dei pennacchi fino a venti volte prima di tentare un atterraggio per una missione di superficie di due anni.
Il team JPL ha anche considerato un’alternativa più economica, un missione Enceladus Multiple Flyby (EMF), da realizzare nell’ambito del programma New Frontiers. Sebbene con capacità ridotte in termini di volume di campionamento e strumentazione, l’EMF rappresenterebbe comunque un passo avanti cruciale nello studio dell’abitabilità di questo affascinante mondo oceanico.
In definitiva, la proposta dell’Enceladus Orbitlander rappresenta un salto di qualità nella nostra ricerca di vita oltre la Terra. Dimostra come l’innovazione e un approccio incentrato sulla riduzione dei costi possano aprire nuove frontiere nell’esplorazione spaziale, portandoci sempre più vicino alla risposta a una delle domande più antiche dell’umanità. Encelado ci aspetta, e con questa nuova concezione di missione, la speranza di scoprire se siamo soli nell’universo si fa sempre più vivida.
Stefano Camilloni