Per milioni di anni ha viaggiato silenziosa nello spazio profondo, un minuscolo frammento di ghiaccio e polvere sospinto tra le stelle come una bottiglia sigillata in un oceano cosmico sconfinato. Quest’estate, quella bottiglia ha finalmente raggiunto le nostre “coste” planetarie: è stata identificata come 3I/ATLAS, solo la terza cometa interstellare mai osservata dall’umanità. E al suo arrivo, ha rivelato un messaggio sorprendente: un segnale ultravioletto che porta l’eco dell’acqua.
Gli scienziati dell’Università di Auburn, puntando il telescopio spaziale Neil Gehrels Swift Observatory della NASA verso la cometa, hanno registrato la firma chimica dell’idrossile (OH) — il sottile ma inconfondibile segnale che, nel linguaggio del cosmo, significa una cosa sola: acqua in fuga.
Un eco invisibile svelato dalla tecnologia
L’idrossile non si lascia vedere facilmente. La sua “voce” si manifesta in un debole bagliore ultravioletto, completamente bloccato dall’atmosfera terrestre. Per ascoltarlo, serve un orecchio fuori dall’atmosfera: quello del telescopio UVOT (Ultraviolet/Optical Telescope) di Swift.
Con il suo specchio di appena 30 centimetri, UVOT non sembrerebbe particolarmente potente. Ma nello spazio, libero dalla turbolenza dell’aria e dal bagliore del cielo, raggiunge la stessa sensibilità di un telescopio terrestre da 4 metri per queste specifiche lunghezze d’onda.
Per rilevare la flebile traccia di OH, gli astronomi hanno sommato decine di brevi esposizioni da tre minuti, raggiungendo oltre due ore di osservazione nell’ultravioletto. Come in una lunga esposizione fotografica, questo paziente lavoro ha fatto emergere il tenue bagliore dell’idrossile dalla cometa, come un sussurro cosmico amplificato nel silenzio dello spazio.
Una cometa “a manichetta” ai confini del gelo
La vera sorpresa è arrivata analizzando dove questa attività acquosa avveniva. Swift ha intercettato il segnale quando 3I/ATLAS si trovava a quasi tre volte la distanza tra la Terra e il Sole. A quelle latitudini cosmiche, la maggior parte delle comete del nostro sistema solare è silenziosa e inattiva: il ghiaccio d’acqua non riceve abbastanza calore per sublimare.
Eppure, 3I/ATLAS era in piena attività, rilasciando acqua a un ritmo di circa 40 chilogrammi al secondo. È l’equivalente cosmico di una manichetta antincendio aperta al massimo.
Come è possibile? Gli scienziati ipotizzano che non sia la superficie del nucleo a sublimare direttamente, ma minuscoli granelli ghiacciati espulsi nello spazio. Riscaldati dalla luce solare, questi grani rilasciano lentamente la loro acqua, creando una chioma diffusa e ricca di idrossile. Fenomeni simili sono stati osservati solo in poche comete remote, e indicano la presenza di ghiacci complessi e stratificati, veri archivi della storia chimica dei sistemi planetari.
Un confronto galattico: acqua oltre il nostro sistema
La scoperta di OH su 3I/ATLAS è più di un colpo tecnico: è un passo avanti cruciale per confrontare la chimica delle comete interstellari con quella delle “nostre”.
Nel sistema solare, la quantità d’acqua è il principale indicatore dell’attività di una cometa. Trovare lo stesso parametro in un oggetto proveniente da un altro sistema stellare significa poter finalmente misurare con la stessa “unità” corpi nati in ambienti lontanissimi.
E i confronti, finora, hanno riservato sorprese. La prima cometa interstellare, ‘Oumuamua, appariva priva di ghiacci. La seconda, Borisov, era ricca di monossido di carbonio. Ora 3I/ATLAS mostra una forte attività acquosa a distanze insospettate.
Come spiega il fisico Dennis Bodewits:
“Quando rileviamo l’acqua — o anche solo il suo debole eco ultravioletto, OH — da una cometa interstellare, stiamo leggendo un messaggio proveniente da un altro sistema planetario.”
I semi della vita non conoscono confini
Queste differenze non sono dettagli tecnici: raccontano la straordinaria diversità dei luoghi in cui nascono pianeti e comete. Temperature, composizioni chimiche e processi di formazione variano enormemente da stella a stella, e con essi cambiano i “mattoni” che costruiscono i mondi e, forse, la vita.
L’idrossile di 3I/ATLAS è un segnale prezioso, un indizio che gli ingredienti fondamentali della chimica biologica non appartengono solo al nostro sistema solare. Viaggiano nello spazio, sospinti per milioni di anni, portando con sé la memoria dei luoghi da cui provengono.
La rilevazione, pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, è la prima chiara prova che 3I/ATLAS rilascia acqua a grandi distanze dal Sole. La cometa è temporaneamente svanita dai radar, ma tornerà osservabile dopo metà novembre, offrendo agli astronomi un’ulteriore occasione per seguirne l’evoluzione man mano che si avvicina al Sole.
Forse, ascoltando ancora il suo canto ultravioletto, riusciremo a decifrare altri frammenti del messaggio che porta con sé. Un messaggio scritto non con parole, ma con molecole d’acqua, viaggiatrici silenziose tra le stelle.
Stefano Camilloni


