Immaginate un mondo in cui i computer non si limitano a elaborare dati, ma li manipolano seguendo le regole bizzarre della meccanica quantistica, spalancando possibilità di calcolo che oggi ci appaiono quasi magiche. È la promessa del quantum computing, una tecnologia destinata a rivoluzionare medicina, intelligenza artificiale, crittografia e persino la scoperta di nuovi materiali.
Ma c’è un ostacolo gigantesco: i qubit, i mattoni dell’informazione quantistica, sono fragilissimi. Bastano minuscole interferenze per farli “collassare” e perdere i dati che custodiscono. Per correggere questi errori, i computer quantistici di oggi hanno bisogno di migliaia di qubit fisici solo per costruire un singolo qubit logico, affidabile e utilizzabile. Una scalata che, per gli ingegneri, somiglia più a un incubo che a un progetto industriale.
Eppure, dal cuore di Sydney, arriva una scoperta che potrebbe cambiare le regole del gioco.
Un codice segreto chiamato gkp
Al Quantum Control Laboratory dell’Università di Sydney, un team guidato dal Dr. Tingrei Tan ha dimostrato per la prima volta una tecnologia che sembra davvero una “pietra di Rosetta” del calcolo quantistico. Si tratta del codice Gottesman–Kitaev–Preskill (GKP), un sofisticato metodo di correzione degli errori che traduce le oscillazioni continue della materia quantistica in stati discreti, più facili da manipolare e proteggere.
Per anni il GKP è rimasto un sogno teorico, troppo complesso da realizzare nella pratica. Ma il team australiano è riuscito a conservarlo all’interno delle vibrazioni quantistiche di un singolo atomo intrappolato – un ione di ittrio – e a compiere un passo che nessuno aveva mai raggiunto: la creazione di porte logiche quantistiche universali basate su qubit GKP.
Due qubit in un solo atomo
Il traguardo è stato descritto dal dottorando Vassili Matsos, autore principale dello studio:
“Abbiamo immagazzinato due qubit logici correggibili per errori in un singolo ione intrappolato e dimostrato l’entanglement tra di essi.”
In altre parole, Matsos e colleghi hanno sfruttato le vibrazioni naturali di un solo atomo – che oscilla in tre direzioni come un microscopico pendolo quantistico – per codificare e intrecciare due qubit.
Questo significa che per la prima volta una porta logica di entanglement è stata realizzata con un solo atomo. Un’impresa che riduce drasticamente il bisogno di ingombranti e fragili qubit fisici, aprendo la strada a computer quantistici molto più compatti ed efficienti.
Hardware minimo, potenza massima
Il cuore di questo risultato è la trappola di Paul, un dispositivo che utilizza campi elettromagnetici e laser per immobilizzare un atomo a temperatura ambiente, permettendo di manipolare le sue oscillazioni quantistiche. Un software di controllo avanzato, sviluppato dalla spin-off Q-CTRL, ha reso possibile un livello di precisione tale da rendere stabile il fragile codice GKP.
Per il Dr. Tan, questa non è solo una dimostrazione di laboratorio, ma una pietra miliare nella corsa al quantum computing:
“Abbiamo mostrato che i controlli quantistici di alta qualità non solo funzionano, ma possono manipolare più di un singolo qubit logico. È il primo passo concreto verso un’architettura scalabile.”
Un salto verso il futuro
Se fino a ieri costruire un computer quantistico sembrava richiedere un oceano di qubit fisici e un’infrastruttura mastodontica, oggi sappiamo che la strada potrebbe essere più breve. Con un singolo atomo, gli scienziati sono riusciti a fare quello che si pensava richiedesse interi eserciti di qubit.
La pietra di Rosetta del calcolo quantistico ha iniziato a parlare, e ciò che ci racconta è che il sogno di computer quantistici potenti, stabili e accessibili non appartiene più solo alla fantascienza.
È la prova che, a volte, basta un atomo per spalancare le porte del futuro.
Stefano Camilloni


