La galassia di Andromeda si trova a circa 2,5 milioni di anni luce dalla Terra e appare, a chi la osserva da un cortile con un semplice binocolo o a occhio nudo in condizioni ideali, come una tenue sagoma allungata, con un’estensione angolare paragonabile a quella della Luna piena. Ciò che non si vede, però, è lo sciame di oltre trenta galassie nane satelliti che le orbitano attorno, come api intorno all’alveare. Questo vero e proprio “ecosistema galattico” ha attirato l’interesse degli astronomi, che stanno indagando la sua storia e la sua evoluzione grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Hubble di NASA/ESA.
Attraverso un esteso programma di osservazioni — più di 1.000 orbite di Hubble dedicate a questo studio — è stato possibile costruire una mappa tridimensionale dell’intero gruppo di piccole galassie che ruota intorno ad Andromeda. Grazie alla stabilità, alla chiarezza e all’efficienza ottica di Hubble, gli astronomi hanno potuto misurare con grande precisione i movimenti di queste galassie nane, seguendo le loro orbite e le loro tracce di formazione stellare attraverso quasi 14 miliardi di anni, vale a dire gran parte dell’età dell’universo.
Un aspetto sorprendente emerso dalle osservazioni è che circa la metà delle galassie satellite di Andromeda sembra muoversi tutte nello stesso piano orbitale, girando nella stessa direzione. Questo fenomeno è del tutto inaspettato e ancora non c’è un modello teorico completo in grado di spiegare perché esse siano disposte in questo modo.
Dalla collisione galattica ai misteri delle nane “longeve”
Tra i “satelliti” di Andromeda, la più luminosa è la galassia nota come Messier 32 (M32). Di forma ellissoidale compatta, potrebbe rappresentare il nucleo residuo di una galassia più grande che si scontrò con Andromeda diversi miliardi di anni fa. In quel violento passato, M32 sarebbe stata privata di parte delle sue stelle e del suo gas a causa dell’interazione gravitazionale. Oggi, nonostante ospiti soprattutto stelle antiche, questa galassia mostra tracce di un’ulteriore fase di formazione stellare, avvenuta qualche miliardo di anni fa.
Non mancano altre peculiarità, come una popolazione unica di galassie nane che, sebbene abbiano formato la maggior parte delle loro stelle in epoche remote, non hanno mai smesso del tutto di generarne di nuove. Questo comportamento, che si discosta dalle simulazioni più accreditate, lascia supporre che nell’ambiente di Andromeda possano esistere riserve di gas in grado di alimentare la formazione stellare su tempi molto più lunghi di quanto ci si attenderebbe.
Verso una ricostruzione del passato di Andromeda
Le osservazioni di Hubble hanno fornito i primi dati sulle traiettorie delle galassie nane, che in futuro potranno essere ulteriormente precisati. Fra circa cinque anni, sia Hubble sia il più potente James Webb Space Telescope potranno ripetere le stesse misurazioni, ottenendo informazioni dinamiche ancora più accurate per tutte le 36 galassie satelliti. Confrontando due “istantanee” separate da un intervallo di anni, gli astronomi saranno in grado di ricostruire i movimenti e l’evoluzione dell’ecosistema di Andromeda risalendo addirittura a miliardi di anni fa.

Hubble, una finestra sull’universo da oltre trent’anni
Il telescopio spaziale Hubble è in attività da più di tre decenni, continuando a offrire risultati rivoluzionari per la nostra comprensione del cosmo. Hubble è il frutto di una collaborazione internazionale fra NASA e Agenzia Spaziale Europea (ESA). Il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland, si occupa della gestione del telescopio e delle operazioni. Il supporto operativo è fornito inoltre dalla Lockheed Martin Space di Denver, mentre lo Space Telescope Science Institute di Baltimora, gestito dall’Association of Universities for Research in Astronomy, cura le operazioni scientifiche per conto della NASA.
Questi studi su Andromeda e le sue piccole compagne non fanno che confermare l’importanza di Hubble nel fornirci dati di eccezionale qualità, capaci di svelare i processi nascosti dietro la formazione e l’evoluzione delle galassie. Le prossime osservazioni — affidate anche al telescopio Webb — promettono di regalarci ulteriori approfondimenti sulla storia delle galassie e sull’evoluzione del nostro universo, fornendo dati che apriranno nuove prospettive di ricerca e contribuiranno a risolvere alcuni dei misteri ancora irrisolti del cosmo.
Stefano Camilloni