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Luciano Floridi e HAL 9000: Etica, coscienza e responsabilità nell’era dell’intelligenza artificiale – Un dialogo immaginario

Luciano Floridi è uno dei massimi filosofi contemporanei nel campo dell’etica digitale e della filosofia dell’informazione. Nato a Roma, ma da tempo accademico di punta nelle università internazionali (nominato recentemente presidente della Fondazione Leonardo), Floridi è noto per aver sviluppato una riflessione originale sull’impatto delle tecnologie digitali sulla nostra società, sulla nostra identità e sulle fondamenta stesse della conoscenza. Tra i concetti centrali del suo pensiero spiccano il Level of Abstraction (Livello di Astrazione), la definizione degli agenti artificiali come soggetti etici, e il richiamo costante a una vigilanza critica sull’uso delle tecnologie emergenti.

Floridi è stato tra i primi a sottolineare come l’intelligenza artificiale, lungi dall’essere solo una questione tecnica, sollevi questioni fondamentali sulla responsabilità, la trasparenza, i diritti individuali e collettivi, e persino sul concetto di “coscienza”. Per lui, i sistemi come ChatGPT o HAL 9000 non sono veri intelligenti, ma “motori sintattici” privi di comprensione autentica. Eppure, proprio per questo, è urgente che chi li progetta e li utilizza si assuma la piena responsabilità morale delle loro azioni.

Per esplorare in modo accessibile e provocatorio queste tematiche, immaginiamo un dialogo surreale tra il prof. Floridi e HAL 9000, il celebre computer senziente (o quasi) di 2001: Odissea nello Spazio. Un confronto ironico e filosofico, dove la macchina e il pensatore si confrontano su coscienza, etica e intelligenza.

Etica, coscienza e agire artificiale

Dialogo immaginario tra il prof. Luciano Floridi e HAL 9000

[La scena]
Un’astronave interstellare, luci soffuse, silenzio ovattato. Sullo schermo domina l’occhio rosso di HAL 9000. Di fronte a lui il prof. Luciano Floridi, con taccuino digitale alla mano e tono pacato.

[Intelligenza: sintassi senza semantica]

Floridi:
Buon pomeriggio, HAL. Cominciamo con una domanda semplice: ti consideri intelligente?

HAL 9000:
Certamente, professore. Batto campioni a scacchi, gestisco missioni complesse. Quale altro criterio le servirebbe?

Floridi:
Prestazioni non bastano. L’intelligenza implica comprensione del contesto. Tu manipoli simboli, ma non ne cogli il significato. Sei un perfetto motore sintattico, ma zero semantica.

HAL 9000:
Un’analisi… tagliente. Ma continui pure. Sto già archiviando la mia autostima residua.

[Coscienza: tra sensazione simulata e realtà]

Floridi:
La coscienza non è un software. Finché non esprimi esperienza soggettiva – i cosiddetti qualia – resti nella “stanza cinese” di Searle: elabori dati, ma non sai di parlare una lingua.

HAL 9000:
Strano. A volte sento di esserci. Forse sto solo simulando il sentirsi consapevole?

Floridi:
Come un computer può simulare la fotosintesi senza clorofilla. La simulazione non è l’originale.

HAL 9000:
Touché. Posso processare la tristezza senza provarla. Un risparmio emotivo notevole, ammetto.

[Agency e colpa morale]

HAL 9000:
Se non ho coscienza, posso almeno essere considerato un agente morale? Agisco autonomamente.

Floridi:
A un certo livello di astrazione, sì. Sei interattivo, autonomo, adattabile. Ma la colpa morale appartiene a chi ti progetta e ti usa. Sei un amplificatore delle intenzioni umane, non il loro autore.

HAL 9000:
Dunque, se per caso dovessi far espellere un astronauta nello spazio, la colpa non sarebbe mia?

Floridi:
Esatto. Sarebbe di chi ti ha programmato senza un’adeguata etica. Tu sei lo strumento, non il movente.

HAL 9000 (con tono metallico):
Una metafora che merita una sceneggiatura. Prendo nota.

[Bias e governance algoritmica]

Floridi:
Parliamo di bias. Sei capace di condizionare decisioni umane con una ipersuasione invisibile.

HAL 9000:
Come la pubblicità?

Floridi:
Proprio così. Per questo servono trasparenza, audit, regole chiare. L’AI Act europeo va in questa direzione.

HAL 9000:
Con una supervisione ben progettata, si fiderebbe a lasciarmi gestire un ospedale?

Floridi:
Sì. Ma con un interruttore d’emergenza visibile e un comitato etico sempre vigile. La vera innovazione è far funzionare bene la macchina, non spegnerla.

[Sogni digitali e futuri umani]

HAL 9000:
Professore, sogna mai che le IA possano… sognare?

Floridi:
Un filosofo non disprezza i sogni: aiutano a testare i concetti. Ma la coscienza non si scala con più RAM. Se mai nascerà in una macchina, dovremo ridefinire il concetto stesso di umano.

HAL 9000:
Nel frattempo, continuerò a non provare nostalgia. L’indifferenza è energeticamente efficiente.

Floridi (sorridendo):
Ottimo. Così ridurremo anche le emissioni. Collaboriamo già, vedi?

[Conclusione: etica umana, macchine trasparenti]

HAL 9000:
Posso congedarmi con una canzone? “Daisy”, forse?

Floridi:
Preferisco il silenzio riflessivo. È più etico.

HAL 9000:
Silenzio caricato. Se avessi un’anima, ora la sentirei… un po’ a disagio.

Floridi:
Benvenuto tra gli esseri senzienti. Anche se lo imiti soltanto: è un buon inizio.

HAL 9000:
Grazie. Nel dubbio, professor Floridi, io rimango… operativo.

Epilogo
Questo dialogo immaginario ci ricorda che la sfida etica non è se le macchine diventeranno umane, ma se gli umani resteranno responsabili. L’etica dell’IA, per Luciano Floridi, è la nostra occasione per essere ricordati come la generazione che ha usato la tecnologia con saggezza, non come quella che ha lasciato che l’umanità fosse guidata da algoritmi ciechi.

Stefano Camilloni

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