L’entusiasmo che accompagna l’esplorazione spaziale è spesso così potente da farci immaginare scenari futuristici ricchi di progresso e abbondanza. Tuttavia, la realtà delle risorse limitate richiede di affrontare domande urgenti: se un gruppo consuma l’acqua trovata sulla Luna, quali conseguenze ci saranno per gli altri che ne hanno bisogno?
Affrontare questi conflitti e pianificare strategie per la loro risoluzione è l’obiettivo centrale di un recente documento elaborato da Marissa Herron e Therese Jones dell’Office of Technology, Policy, and Strategy della NASA, insieme ad Amanda Hernandez di BryceTech. Sebbene il focus primario sia sulla Luna, l’approccio proposto potrebbe estendersi anche ad altre destinazioni nel sistema solare.
Oggi, la Luna rappresenta il principale punto di interesse, con agenzie spaziali di tutto il mondo, inclusa la NASA, impegnate a creare insediamenti permanenti per sfruttare le risorse disponibili sul satellite naturale della Terra. Documenti come la “National Cislunar Science and Technology Strategy” del 2022 e l’”Executive Order on Space Resources” del 2020 hanno dato nuovo slancio all’utilizzo della Luna, sottolineando la necessità che i benefici ricadano sull’intera umanità, evitando l’accaparramento da parte di singoli gruppi o nazioni.
L’acqua lunare emerge come un esempio emblematico di risorsa limitata che può essere impiegata per scopi radicalmente diversi. Alcuni intendono utilizzarla per produrre carburante, separando l’idrogeno dall’ossigeno, così da facilitare missioni spaziali di maggiore durata e portata. Altri, invece, puntano a utilizzarla per esigenze biologiche essenziali, come bere e igiene personale. La questione fondamentale resta quindi aperta: chi avrà accesso a queste risorse e in quale misura?
Per rispondere a questa domanda, gli autori propongono un affascinante quadro strategico in tre fasi:
La prima fase consiste nel mappare accuratamente i 63 obiettivi del piano “Moon to Mars” della NASA, identificando i requisiti essenziali per le risorse e i siti lunari. In questa fase, il documento evidenzia l’importanza cruciale della collaborazione con entità esterne alla NASA, incluse altre agenzie spaziali e organizzazioni private.
La seconda fase, denominata “Catalogo”, rappresenta una sorta di inventario delle preoccupazioni, ossia tutto ciò che potrebbe limitare l’uso di specifiche risorse o posizioni lunari. Non solo la superficie lunare, ma anche orbite e punti di Lagrange entrano in questo inventario, considerati anch’essi risorse strategiche e soggetti a potenziali conflitti di utilizzo.
Infine, la terza fase è quella della “Preservazione”. In questa fase si elaborano strategie di mitigazione delle problematiche identificate nel Catalogo, che possono spaziare da innovazioni tecnologiche, come pannelli solari più efficienti per aumentare la disponibilità di energia, a soluzioni operative come l’uso condiviso di macchinari per l’estrazione delle risorse. Anche le pratiche politiche avranno un ruolo essenziale, ad esempio nel tutelare siti di particolare importanza storica e scientifica, come i luoghi degli storici allunaggi dell’Apollo.
La caratteristica più affascinante di questa strategia è il suo essere un processo dinamico e continuamente aggiornabile. L’intento è garantire che nuove scoperte di risorse o nuove esigenze siano rapidamente integrate nella pianificazione generale, mantenendo equilibrio e giustizia.
Come ci insegna l’esperienza terrestre, la gestione dei conflitti per le risorse richiede pianificazione, previsione e capacità di adattamento. Intraprendere questo percorso sulla Luna rappresenta dunque non solo una sfida tecnologica e politica, ma un’opportunità unica di imparare dai nostri errori terrestri e proiettare una visione cooperativa e sostenibile dell’umanità nello spazio.
Stefano Camilloni