in

Quando il Sistema Solare attraversò la Radcliffe Wave: il viaggio cosmico che potrebbe aver influenzato il clima della Terra

La Terra e il Sistema Solare non viaggiano attraverso uno spazio vuoto e immutabile: mentre orbitano attorno al centro della Via Lattea, attraversano ambienti galattici molto diversi per densità di gas e polveri. Questo viaggio può essere immaginato “come una nave che attraversa condizioni marine sempre diverse” – a volte acque tranquille, altre volte tempeste cosmiche. Una di queste “onde” nella galassia è la Radcliffe Wave, una struttura gigantesca di gas e stelle. Recenti studi effettuati da un gruppo di ricerca internazionale guidato dall’Università di Vienna suggeriscono che il passaggio del Sistema Solare attraverso questa struttura, circa 14 milioni di anni fa, potrebbe aver influenzato il clima della Terra. In questo articolo esploreremo gli effetti possibili di quell’incontro sulla Terra, cos’è e come si muove la Radcliffe Wave, e come la missione spaziale Gaia ci sta aiutando a tracciare il percorso del nostro Sistema Solare nella Via Lattea.

Effetti dell’incontro tra il Sistema Solare e la Radcliffe Wave sulla Terra

Quando il Sole attraversa regioni galattiche più dense, l’interazione può avere ripercussioni fino al nostro pianeta. Il mezzo interstellare (gas e polveri tra le stelle) in certe zone è così denso da “schiacciare” leggermente la bolla protettiva del nostro Sistema Solare, chiamata eliosfera, che normalmente ci ripara da parte dei raggi cosmici. In un ambiente più denso, l’eliosfera si comprime e una maggior quantità di polveri interstellari può penetrare nel Sistema Solare e raggiungere la Terra. È un po’ come se il nostro sistema planetario entrasse in una nube di polvere cosmica: parte di quella polvere può finire nell’atmosfera terrestre.

Ma in che modo queste polveri extraterrestri potrebbero influenzare il clima terrestre? Gli scienziati ipotizzano diversi meccanismi. Un incremento di polvere nell’atmosfera potrebbe ridurre leggermente la luce solare che arriva al suolo o alterare la formazione delle nubi, raffreddando il clima in modo simile a come le grandi eruzioni vulcaniche diffondono aerosol che riflettono la luce solare. Inoltre, le polveri interstellari spesso contengono elementi rari o radioattivi prodotti da esplosioni di supernova. Ad esempio, grani di polvere possono portare sulla Terra isotopi come il ferro-60, tracciabile nei sedimenti geologici. Tracce geologiche di questo tipo sono indizi che i geologi possono cercare per capire se il nostro pianeta ha attraversato “tempeste” di polvere cosmica in passato. In effetti, gli scienziati hanno già rinvenuto anomali concentrazioni di isotopi cosmogenici in rocce e fondali oceanici per epoche più recenti, collegandole a possibili eventi astrofisici (come supernove vicine qualche milione di anni fa).

Nel caso della Radcliffe Wave, la ricerca ha individuato il passaggio del Sistema Solare attraverso la densa regione di Orione (una parte di questa struttura galattica) tra circa 18 e 11 milioni di anni fa, con il momento più probabile attorno a 14 milioni di anni fa. Questo intervallo temporale coincide sorprendentemente con un evento climatico noto come Middle Miocene Climate Transition (MMCT) – ossia la transizione climatica del Miocene medio. Durante il MMCT, il clima terrestre passò da condizioni più calde e variabili a un clima più freddo, con l’espansione di grandi ghiacciai, in particolare la formazione di una calotta glaciale antartica di dimensioni continentali. I cambiamenti climatici del Miocene medio sono stati in gran parte attribuiti a un declino di lungo termine dei gas serra atmosferici, in particolare una diminuzione della concentrazione di CO₂. Tuttavia, il fatto che il nostro Sistema Solare stesse contemporaneamente attraversando una zona ricca di polveri interstellari solleva l’interessante ipotesi che quest’ultimo fenomeno possa aver contribuito (anche se marginalmente) al raffreddamento climatico di allora.

Va sottolineato che questa connessione è ancora oggetto di studio e non vi è ancora una prova definitiva di causalità. Per influenzare sensibilmente il clima terrestre, la quantità di pulviscolo extra-terrestre depositata dovrebbe essere molto grande – probabilmente più di quanto indicano finora i dati disponibili. Inoltre, il cambiamento climatico del Miocene medio avvenne in centinaia di migliaia di anni, un lasso di tempo molto lento se confrontato con i cambiamenti climatici odierni dovuti all’uomo (che si misurano in decenni o secoli). In altre parole, gli effetti galattici possono aver fatto da concausa a uno scenario già predisposto dal calo di CO₂, amplificando lievemente un raffreddamento in atto – ma non sono stati probabilmente il fattore principale. Ciò non toglie che questa scoperta costituisca un collegamento affascinante tra l’astrofisica, la geologia e la paleoclimatologia. Immaginare che i movimenti della nostra Galassia possano lasciare tracce nelle rocce terrestri ci spinge ad adottare una visione più ampia e interdisciplinare: la prossima volta che osserviamo le stelle, potremmo chiederci se eventi accaduti lì, a distanza di milioni di anni luce, abbiano avuto eco anche qui sulla Terra, nel profondo del tempo.

La dinamica della Radcliffe Wave e la struttura della Via Lattea

La Radcliffe Wave è una delle strutture più imponenti recentemente scoperte nella nostra galassia. Si tratta essenzialmente di un lungo filamento ondulato di nubi di gas e polveri, punteggiato da numerose regioni di formazione stellare (le “culle” dove nascono nuove stelle). Questa struttura si estende per circa 9.000 anni luce in lunghezza e poche centinaia di anni luce in spessore, ondulando sopra e sotto il piano galattico (raggiunge creste fino a ~500 anni luce al di sopra e al di sotto del disco della Via Lattea). Ciò significa che vista dalla Terra ha un aspetto sinusoidale (a onda) che attraversa diverse costellazioni vicine: ne fanno parte, ad esempio, le grandi nubi molecolari di Orione, Toro, Perseo, Cefeo, fino alla regione Cygnus X nel Cigno. In pratica, la Radcliffe Wave costituisce l’ossatura del Braccio Locale (detto anche Braccio di Orione) della nostra galassia, ovvero il segmento di spirale in cui si trova anche il Sole. È come una “spina dorsale” galattica attorno alla quale sono disposti molti dei complessi di gas e stelle giovani più vicini a noi.

Questa scoperta ha rivoluzionato la nostra comprensione della struttura locale della Via Lattea. In passato, gli astronomi avevano ipotizzato che le nubi di formazione stellare attorno al Sistema Solare formassero una sorta di anello (il cosiddetto “cinturone di Gould”) inclinato rispetto al piano galattico. Solo di recente, grazie a mappe tridimensionali più accurate, si è capito che tali nubi in realtà seguono questo enorme filamento ondulato invece di disegnare un anello. La Radcliffe Wave è stata identificata nel 2020 da un team internazionale di astronomi analizzando i dati di Gaia, ed è risultata essere il più grande insieme coerente di gas mai osservato così vicino a noi. Basti pensare che la sua sezione più vicina, nella costellazione del Toro, dista appena ~400 anni luce, praticamente dietro l’angolo in termini astronomici!

Come può formarsi una struttura così grande e ordinata? Al momento la sua origine non è ancora del tutto chiara. I ricercatori stanno vagliando varie ipotesi. Una possibilità è che sia il “residuo” di un antico scontro galattico: forse una piccola galassia satellite, passando attraverso la Via Lattea milioni di anni fa, ha generato un’onda gravitazionale nel disco galattico, un po’ come un sasso lanciato in uno stagno crea increspature concentriche. Un’altra teoria chiama in causa una serie di esplosioni di supernova: un gruppo di stelle massicce potrebbe essere esploso in sequenza, soffiando via gas e creando un’onda d’urto che ha organizzato il materiale in una struttura ondulata. C’è persino la possibilità che la Radcliffe Wave sia legata a fluttuazioni di materia oscura presenti nel disco galattico, che con la loro gravità avrebbero perturbato le nubi di gas. Potrebbero anche essere combinazioni di questi fenomeni. Qualunque sia la causa, una volta innescata l’onda, è la gravità della Via Lattea a farla oscillare su e giù mentre ruota attorno al centro galattico – un movimento paragonabile a quello di “un pubblico che fa la ola in uno stadio” per usare un’analogia: l’onda si propaga perché le stelle e il gas vengono tirati su e giù dalla gravità mentre il tutto orbita.

La Radcliffe Wave non è solo una curiosità geometrica: ha un ruolo attivo nei processi di formazione stellare della galassia. Dentro le sue nubi molecolari, il gas è così denso e compresso che continuamente nascono nuove stelle. La famosa Nebulosa di Orione, visibile anche con piccoli telescopi, è una di queste incubatrici stellari situate lungo la Radcliffe Wave. Possiamo immaginare la Wave come un’enorme “fabbrica di stelle” galattica, dove lungo le creste dell’onda la materia si addensa e collassa formando ammassi di stelle neonate. È interessante notare che alcuni scienziati ipotizzano persino che il nostro stesso Sole, circa 4,6 miliardi di anni fa, possa essersi formato in una di queste dense nubi lungo la Radcliffe Wave. Se fosse vero, in un certo senso staremmo passando accanto al nostro “luogo di nascita” galattico ad ogni oscillazione!

Abbiamo visto che circa 14 milioni di anni fa il Sistema Solare si trovava proprio in corrispondenza di una sezione della Radcliffe Wave (la regione di Orione). Ma come si inserisce questo evento nel contesto più ampio del moto del Sole nella galassia? Il Sole, insieme a tutti i suoi pianeti, orbita attorno al centro galattico compiendo un giro completo (a volte chiamato “anno galattico”) in circa 230 milioni di anni. In altre parole, dall’epoca dei dinosauri ad oggi il Sistema Solare ha percorso solo una piccola frazione di orbita galattica. Durante questo percorso, il nostro sistema non segue un’orbita perfettamente piatta: oscilla leggermente su e giù attraverso il piano della Via Lattea, e passa dentro e fuori dai bracci a spirale o da strutture come la Radcliffe Wave. Si stima che il Sole abbia già completato una ventina di orbite galattiche dalla sua formazione, cambiando più volte quartiere cosmico. In alcuni punti dell’orbita attraversiamo regioni più affollate di stelle, gas e polveri (ad esempio i bracci di spirale), in altri ci troviamo in zone più vuote o bolle di gas tenue. Queste variazioni del paesaggio galattico possono avere effetti sul Sistema Solare: oltre agli impatti climatici di cui abbiamo parlato, attraversare regioni affollate potrebbe aumentare leggermente il tasso di comete deviate verso il Sistema Solare o l’esposizione a radiazioni cosmiche intense. Alcuni studi hanno persino ipotizzato connessioni tra passaggi attraverso i bracci galattici e eventi di estinzione di massa sulla Terra, anche se il dibattito è aperto. Ciò che è certo è che il nostro Sistema Solare è tutt’altro che statico nell’universo: sta viaggiando su una giostra galattica, e strutture come la Radcliffe Wave sono come le “stazioni” o le “turbolenze” che incontriamo lungo il tragitto.

Illustrazione artistica del passaggio del Sistema Solare attraverso la Radcliffe Wave @ Stefano Camilloni

Il ruolo della missione Gaia: mappare il percorso del Sistema Solare nella galassia

Come abbiamo appreso di questa antica interazione tra il Sistema Solare e la Radcliffe Wave? Il merito è in gran parte della missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Gaia, lanciata nel 2013, è un sofisticato osservatorio spaziale progettato per effettuare misure astrometriche di altissima precisione: in sostanza, misura posizione, distanza e moto di un numero enorme di stelle (oltre un miliardo di astri) nella Via Lattea. Grazie a Gaia, gli astronomi stanno costruendo la mappa 3D più dettagliata mai realizzata della nostra galassia, una sorta di “Google Maps” del cielo. Questa sonda registra ripetutamente la posizione delle stelle nel tempo, permettendo di rilevare anche i loro piccoli movimenti propri e la velocità con cui si allontanano o avvicinano (tramite spettroscopia, misurando l’effetto Doppler). In altri termini, Gaia fornisce sia una fotografia istantanea della distribuzione delle stelle, sia un filmato rallentato del loro moto.

I dati di Gaia hanno giocato un ruolo chiave nel rivelare l’esistenza della Radcliffe Wave e nel determinare il percorso passato del Sole. Combinando le distanze delle stelle giovani e delle nubi interstellari mappate da Gaia con osservazioni spettroscopiche da telescopi a terra, i ricercatori dell’Università di Vienna sono riusciti a individuare esattamente quando e dove il Sistema Solare ha attraversato la Radcliffe Wave. Hanno essenzialmente tracciato all’indietro la posizione del nostro Sole nel tempo, sfruttando il fatto che le stelle neonate formatesi lungo la Wave (come gli ammassi nella Nebulosa di Orione) hanno un’età misurabile e movimenti coerenti. Il risultato di questa analisi ha fornito la “pistola fumante” temporale: ~14 milioni di anni fa il Sole era immerso in quella regione di formazione stellare. Senza Gaia, un tale studio sarebbe stato quasi impensabile, perché non avremmo avuto misure abbastanza accurate per collegare eventi galattici e terrestri su scale di milioni di anni.

La missione Gaia è un esempio straordinario di come la tecnologia astronomica moderna stia trasformando la nostra conoscenza del cosmo. Non solo ci consegna una mappa dettagliata della struttura della Via Lattea (scoprendo nuove strutture come la Radcliffe Wave stessa), ma ci consente anche di contestualizzare il Sistema Solare all’interno di questa struttura. In passato, la posizione e il moto del Sole nella galassia erano noti solo in modo approssimativo; oggi, Gaia ci permette di ricostruire una sorta di “diario di viaggio” cosmico del nostro Sistema Solare. Questo ha implicazioni affascinanti: come ha commentato il professor João Alves, «siamo abitanti della Via Lattea, e la missione Gaia ci ha dato i mezzi per tracciare il nostro recente percorso nel mare interstellare della galassia, permettendo ad astronomi, geologi e paleoclimatologi di confrontare le loro scoperte». Per la prima volta astronomi delle stelle e studiosi della Terra possono incrociare i dati: ad esempio, sapere dove si trovava il Sole in un certo periodo può aiutare a spiegare perché in quel momento la Terra registrava un certo cambiamento (come un aumento di polveri cosmiche nei sedimenti). Gaia sta dunque creando un ponte tra lo spazio profondo e la storia del nostro pianeta.

Va ricordato che Gaia continua a raccogliere dati (le sue release di dati, ormai arrivate alla terza, contengono informazioni sempre più ricche) e ogni nuova analisi può riservare sorprese. La nostra posizione nella galassia e il cammino che percorriamo al suo interno diventano sempre più chiari. Oltre alla Radcliffe Wave, Gaia ha contribuito a scoprire correnti di stelle, antichi resti di galassie nane inglobate, oscillazioni nel disco galattico e molto altro, ridisegnando la mappa dinamica della Via Lattea. Ogni stella catalogata è come un punto su quella mappa, e tracciando miliardi di questi punti Gaia ci sta mostrando il disegno complessivo del nostro “quartiere” cosmico.

Destini in comune

La storia della Radcliffe Wave e del passaggio del Sistema Solare attraverso di essa illustra in modo vivido come i destini della Terra siano legati a quelli della galassia. Eventi accaduti a migliaia di anni luce di distanza – enormi onde di gas che ondeggiano nel disco della Via Lattea – possono aver avuto ripercussioni (anche se piccole) sul clima e l’ambiente del nostro pianeta milioni di anni fa. Questo tema di ricerca, che unisce astronomia, geologia e climatologia, è ancora agli inizi, ma già ci insegna qualcosa di profondo: la Terra fa parte di un sistema molto più grande, il sistema galattico, e per comprendere pienamente la sua storia dobbiamo guardare anche alle stelle. Proprio come un geologo studia le rocce per ricostruire il passato terrestre, gli scienziati ora stanno iniziando a studiare la “geografia” galattica per ricostruire il passato del Sistema Solare.

In futuro, ricerche più approfondite potranno cercare nei depositi geologici terrestri le prove concrete di questi incontri cosmici – ad esempio strati di polveri anomale o isotopi particolareggiati – e capire meglio il loro impatto sul clima. Parallelamente, ulteriori missioni spaziali e nuovi dati da Gaia aiuteranno a chiarire la frequenza con cui il nostro Sistema Solare attraversa regioni come la Radcliffe Wave e quali altre strutture galattiche ci aspettano nel nostro percorso orbitale. L’avventura di Gaia ci ricorda che viviamo su una piccola navicella spaziale chiamata Terra, che naviga attraverso un immenso oceano cosmico. E ogni tanto, quell’oceano ha le sue onde giganti – come la Radcliffe Wave – che possono scuotere leggermente il nostro viaggio, lasciando tracce che solo ora stiamo imparando a leggere.

Stefano Camilloni

Vota l'articolo!
[Totale: 3 Media: 5]

PODCAST – Marte: il mistero del colore rosso svelato dalla ferridrite e le implicazioni per l’abitabilità passata

Dal cosmo agli stagni: le piante galleggianti potrebbero rivelare vita sugli esopianeti