Sulle remote alture delle Ande cilene, precisamente sulla vetta del Cerro Pachón, a 2680 metri d’altitudine, si è appena risvegliato un gigante che promette di cambiare per sempre il nostro modo di osservare l’universo. Si tratta del Vera C. Rubin Observatory, il telescopio terrestre più potente mai costruito: una rivoluzione tecnologica e scientifica frutto di oltre vent’anni di sforzi e di un investimento che sfiora il miliardo di dollari.
Una meraviglia tecnologica
Questo telescopio non è semplicemente un passo avanti rispetto ai suoi predecessori, è una categoria completamente nuova. Immaginate uno strumento così sensibile e preciso da poter distinguere dalla Terra una tazzina da caffè sulla superficie lunare. La sua eccezionalità risiede nella combinazione di alcune caratteristiche straordinarie:
- Un campo visivo senza precedenti: ogni immagine catturata dal Rubin Observatory copre un’area pari a circa 40 volte la grandezza della Luna piena, superando di gran lunga i campi visivi del celebre telescopio spaziale Hubble e del moderno James Webb.
- Una velocità sorprendente: mentre altri telescopi impiegano circa dieci minuti per stabilizzarsi tra uno scatto e l’altro, il Rubin completa la stessa operazione in appena cinque secondi, nonostante le sue imponenti 350 tonnellate.
- Un sistema ottico all’avanguardia: il Rubin adotta un rivoluzionario sistema a tre specchi, con il gigantesco specchio primario di 8,4 metri di diametro, combinato con due ulteriori specchi interni (rispettivamente di 3,4 e 5 metri). Questa configurazione permette una raccolta rapidissima della luce, mantenendo al tempo stesso immagini straordinariamente nitide.
- La fotocamera più potente mai costruita: con una lente da 1,5 metri e un sensore di ben 3200 megapixel, questo “occhio elettronico” cattura ogni notte fino a 20 terabyte di dati, circa 350 volte la quantità raccolta dal James Webb. Per preservare la qualità delle immagini, il sensore viene mantenuto a una temperatura di -100°C.
L’universo come non lo abbiamo mai visto
Ma il Rubin non si limiterà a fotografare il cosmo: lo trasformerà in un vero e proprio film. Nei prossimi dieci anni, mapperà l’intero cielo visibile dell’emisfero sud ogni tre notti, creando una sequenza in time-lapse unica nella storia dell’astronomia. Immagini riprese con sei filtri diversi, che spaziano dall’ultravioletto all’infrarosso, consentiranno di osservare stelle nascenti, nebulose di gas e fenomeni cosmici straordinari con un livello di dettaglio mai visto prima.
Perché abbiamo investito così tanto?
Dietro a questo enorme sforzo scientifico ed economico ci sono obiettivi precisi, che potrebbero svelare alcuni dei più grandi enigmi dell’universo:
- La ricerca della materia oscura e dell’energia oscura: nominato in onore della pioniera dell’astronomia Vera Rubin, che per prima intuì l’esistenza della materia oscura, il telescopio indagherà questo misterioso elemento che costituisce circa l’80% della massa dell’universo e rimane ancora invisibile ai nostri strumenti.
- La scoperta di eventi cosmici in tempo reale: il Rubin è progettato per catturare fenomeni transitori e rapidi, come esplosioni di supernova o lampi di luce da quasar generati da buchi neri supermassicci. Ogni notte potrà generare fino a 10 milioni di avvisi su nuovi eventi o variazioni nei corpi celesti osservati.
- La mappatura degli asteroidi: il telescopio ha già dimostrato le sue capacità, individuando oltre 2100 asteroidi sconosciuti in sole dieci ore di osservazione iniziale. In un decennio, si prevede che scoprirà milioni di nuovi asteroidi, tra cui quelli potenzialmente pericolosi per la Terra.
- Una nuova cartografia della Via Lattea: fino a oggi abbiamo esplorato solo una minuscola frazione (circa il 2%) della nostra galassia. Il Rubin mira a realizzare la più dettagliata mappa galattica mai ottenuta.
Alla scoperta dell’ignoto
Oltre a tutto questo, il Rubin Observatory è soprattutto un progetto che nasce dalla pura curiosità scientifica. È la ricerca dell'”ignoto sconosciuto”, ciò che ancora non sappiamo di dover cercare. È l’emozione della scoperta, la sorpresa dell’imprevisto.
Il Rubin Observatory ha già iniziato a scrutare il cielo e nei prossimi dieci anni promette scoperte che potrebbero rivoluzionare per sempre la nostra comprensione dell’universo. È giunto il momento di guardare le stelle con occhi nuovi, perché l’universo non è mai stato così vicino.
Stefano Camilloni